18 ottobre 2023
Medici internisti, l’empatia deve diventare materia di formazione per i giovani medici

Empatia, capacità di ascolto e comunicazione sono davvero importanti nel rapporto medico-paziente. Sono le ‘soft skills’, competenze ‘trasversali’ che, a parità di preparazione scientifica, possono davvero fare la differenza.
Per questo la Società Italiana di Medicina Interna, SIMI propone di introdurre nel corso di medicina e, in maniera ancora più mirata, nei corsi di specializzazione, l’insegnamento in ‘Relazione medico-paziente’. E non si tratta di una materia in più da studiare, ma di apprendere conoscenze importanti che possono condizionare anche l’efficacia di una terapia. Perché una persona non è mai solo la sua malattia.
A queste importanti tematiche la SIMI dedica una sessione in occasione del congresso nazionale in programma a Rimini dal 20 al 22 ottobre.
La rivincita delle soft skills

«Sino agli anni ‘80 dello scorso secolo – ricorda Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna SIMI – era opinione prevalente che lo stile comunicativo del medico durante la visita fosse ‘innato’ o, al meglio, appreso per imitazione dai maestri, presso cui il professionista si formava. Negli anni successivi questa prospettiva si è progressivamente modificata sotto la spinta della dimostrazione che alcuni stili comunicativi attenti al vissuto del paziente sono più efficaci di altri nel determinare risultati clinici quali la soddisfazione dei pazienti al termine delle visite o la loro aderenza ai trattamenti proposti.
I medici commettono spesso l’errore di focalizzarsi sulla condizione medica e sui risultati della cura fornita piuttosto che sugli aspetti psico-sociali che possono interessare una persona con una patologia cronica. Per anni il linguaggio utilizzato nel colloquio con le persone affetta da patologie croniche ha avuto caratteri di giudizio e colpevolizzazione e non ha tenuto in considerazione i loro bisogni e le loro opinioni. Dovremmo sempre ricordare che molti di noi non vivono la vita delle persone con patologie croniche ed essere più consapevoli dell’impatto delle nostre parole».
La comunicazione è fondamentale nel rapporto medico-paziente
«In un mondo dominato dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale – commenta Nicola Montano, presidente eletto della Società Italiana di Medicina Interna SIMI – non possiamo dimenticare che la comunicazione è molto importante nei rapporti umani in generale e fondamentale nel rapporto medico-paziente. Una persona può avere più o meno attitudine all’empatia, ma di certo si può cercare di svilupparla. Il nostro compito come società scientifica è anche quello di andare a stimolare argomenti che purtroppo non sono materia di insegnamento universitario e che invece dovrebbero esserlo».
L’empatia è un fattore protettivo per la relazione di cura
«Una volta arrivati in corsia – prosegue Elena Pattini, dirigente Psicologo-Psicoterapeuta Ausl Parma e professore a contratto Università degli Studi di Parma – studenti e specializzandi fanno fatica a relazionarsi con il dolore. E rischiano, non sapendo come gestirlo, né su di loro, né sul paziente, di distanziarsi emotivamente per proteggersi. È necessario invece diventare consapevoli di come funzioniamo noi in certe situazioni e di come funziona l’altro, per creare una relazione più autentica che faccia percepire al paziente di essere ascoltato».
L’effetto placebo e nocebo sono influenzati dalla relazione medico-paziente
«Spesso i medici – conclude Alfonso Troisi, professore associato di Psichiatria all’Università ‘Tor Vergata’ di Roma – anche perché pressati dal contesto, tendono ad interrompere il paziente facendo continuamente delle domande che rispettano il loro schema di raccolta delle informazioni. Questo per il paziente può essere frustrante perché alcuni hanno bisogno di raccontare i sintomi in un certo modo. Lasciare il giusto tempo di farlo mette le cose su un piano di maggior alleanza e comunicazione».
Foto: Unsplash, Pixabay, sito SIMI