16 aprile 2023
Le “Italie” dei trapianti. Un appello dai malati rari

Trapianti. In Italia si sono fatti enormi passi in avanti. Ma la strada, si sa, è ancora lunga. Non solo sul fronte della cultura della donazione ma anche su quello della riduzione delle tante, troppe, disparità territoriali. Il legame tra malati rari e trapianti è davvero stretto, probabilmente più di quello che si creda. E per questo, in occasione della XXVI Giornata nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessuti che si celebra oggi, le oltre 400 associazioni di pazienti che compongono l’Alleanza Malattie Rare – AMR, con il supporto di Osservatorio Malattie Rare – OMaR, lanciano un appello.
Mancano linee comuni nei Centri e nelle Regioni
Nel 91% dei casi i riceventi avevano una malattia rara
In Italia in 17 anni (2002-2019) sono stati effettuati 49.400 trapianti d’organo. Nel 91% dei casi a ricevere un organo nuovo sono stati malati rari, cioè persone affette da una malattia rara, per un totale di 117 diverse patologie rare individuate. Alcune di queste consentono un maggior accesso ai trapianti, rispetto alle altre: fibrosi cistica e fibrosi polmonare idiopatica (polmoni), cardiomiopatie (cuore), atresie e malattie metaboliche (fegato), nefropatie rare (reni).
Solo il 5,6% dei trapianti riguarda i minori di 16 anni: nello stesso periodo, infatti, i bambini che hanno ottenuto un nuovo cuore, polmone, fegato o rene sono stati 2.294. Tra loro, il 92,7% era affetto da una malattia rara.
Chi è in lista d'attesa deve essere aiutato
Il tavolo di lavoro sulla cultura del dono e sui trapianti, a cui hanno lavorato le oltre 400 associazioni dell’Alleanza Malattie Rare, è arrivato alla conclusione che ormai è assolutamente necessario agevolare il percorso di cura delle persone che hanno il bisogno e la possibilità di affrontare un trapianto, e delle loro famiglie, uniformando per quanto possibile le differenze regionali.
Trapianto dei polmoni, ci sono difficoltà che si potrebbero risparmiare alle famiglie
Occorre mettere in atto delle strategie per supportare i pazienti, e con loro le famiglie, che si trovano ad affrontare il lungo percorso trapiantologico, che quasi sempre prevede anche una lunga permanenza fuori casa, e spesso la migrazione in una diversa Regione.
Ci sono ancora oggi, nonostante le associazioni le abbiano più volte segnalate, alcune difficoltà e disparità di trattamento e di comportamento, che variano da Regione a Regione, che si acuiscono, soprattutto per quanto riguarda il delicatissimo trapianto di polmoni, e che potrebbero essere risparmiate ai pazienti.
Anche nel post trapianto le cose non cambiano
I Centri che eseguono i trapianti di polmoni in Italia sono solo 5: Milano, Torino, Padova, Roma e Palermo. Non dovrebbe essere difficile avere comportamenti uniformi, eppure non sempre è così. Non esiste, infatti, una regolamentazione univoca per l’accesso ai Centri Trapianti e questo può influenzare molto la scelta di chi richiede l’accesso alla lista che, pur essendo parte di un sistema nazionale, prevede l’iscrizione presso un solo Centro Trapianti del territorio nazionale, a libera scelta del paziente. I Centri di Milano, Padova e Torino effettuano il più alto numero di questi trapianti, ma applicano delle regole differenti. Le più stringenti sono quelle del Centro di Milano, che può richiedere ai pazienti un domicilio milanese dal momento dell’inserimento in lista fino ai 12 mesi post trapianto. Le motivazioni sono incontestabili, ma appare evidente che la necessità di un trasferimento di più di un anno possa condizionare sensibilmente la scelta del Centro al quale rivolgersi. A partire dalle spese da sostenere, che sono tante: parliamo di 25-30mila euro per trasferirsi per un periodo minimo di 14 mesi insieme a un accompagnatore (il quale probabilmente vedrà diminuire o cessare le entrate provenienti dal proprio reddito). Spese che, inoltre, vanno a sommarsi a quelle della casa di residenza.
Anche per il “post trapianto” i protocolli forniti dai Centri variano notevolmente e l’assenza di linee guida nazionali univoche è un aspetto che – secondo le associazioni dell’AMR – dovrebbe essere urgentemente affrontato a livello istituzionale.
L'appello dell'Osservatorio Malattie Rare
«La questione delle disparità territoriali è divenuta il tasto dolente della Sanità italiana – commenta Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice di Osservatorio Malattie Rare – Nelle malattie rare, in cui la mobilità territoriale è quasi sempre la norma, il problema diventa enorme. Se non ci fossero le associazioni a dare una mano, sia con le pratiche burocratiche ma anche, spesso, con aiuti economici, ospitalità e supporto psicologico, alcune persone non potrebbero accedere a questo atto salvavita, per mancanza di risorse economiche, culturali e per assenza di adeguato supporto psicologico. Si tratta di una disparità nel diritto alla salute non accettabile».
Ecco i suggerimenti e le richieste dell’AMR rivolte a tutte le istituzioni competenti per ciascun tema
- Continuare a promuovere la cultura del dono;
- Favorire la nascita di una regolamentazione univoca per l’accesso ai Centri Trapianti;
- Promuovere la definizione di linee guida nazionali univoche per la gestione del post trapianto;
- Garantire sul territorio il supporto psicologico alle persone in attesa di trapianto e nella fase post trapianto e alle loro famiglie;
- Uniformare le procedure e i massimali per i rimborsi relativi alle spese che le famiglie devono sostenere per effettuare il trapianto fuori dalla Regione di residenza;
- Affrontare le difficoltà di trasporto, soprattutto aereo, per le persone che hanno necessità di ossigenoterapia.
Foto: Ministero della Salute, Unsplash, Pixabay