16 novembre 2023
Il paziente diabetico, dopo il Pronto Soccorso, non va lasciato solo

In Italia un paziente diabetico su sei, ogni anno, viene ricoverato in ospedale per gestire un evento acuto. Perché le complicanze legate alla malattia sono tante e spesso difficili da tenere sotto controllo. E così molte volte il Pronto Soccorso è il punto di approdo per tanti diabetici. Se poi si considera che, in Italia, il diabete colpisce quasi 5 milioni di persone è facile capire come si tratti di una problematica di Sanità Pubblica. E non solo per i Pronto Soccorso. Perché affrontata l’emergenza c’è poi la gestione del “dopo” che presenta problemi e complessità tali da imporre risposte sanitarie in una logica di continuità di cura.
E’ un problema per il quale servono risposte urgenti ma per il quale non esistono ricette magiche o scorciatoie. La complessità è tanta. Per questo, in Senato, nel corso di un convegno – promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB) – si sono confrontati rappresentanti delle Istituzioni, clinici e pazienti. Perché è solo dal confronto che si possono definire gli irrinunciabili criteri di una più appropriata gestione di eventi acuti, oggi così frequenti.
Infatti, superata la fase emergenziale (i tempi medi di ricovero sono generalmente più lunghi che negli altri casi con relativi aggravi dei costi) i pazienti vengono dimessi senza essere accompagnati con uno specifico percorso assistenziale in grado di assicurare l’indispensabile aderenza e persistenza terapeutica di cui, invece, avrebbero assoluta necessità.
Il ruolo fondamentale della Medicina del Territorio

«Le ragioni di queste carenze assistenziali sono certamente molteplici – ha sottolineato la senatrice Daniela Sbrollini, Vice Presidente della 10ª Commissione permanente del Senato e Presidente dell’Intergruppo parlamentare obesità, diabete e per le malattie croniche non trasmissibili – ma credo che un contributo maggiore dovrebbe venire anche da una medicina del Territorio più solida, in grado decongestionare la pressione sul Pronto Soccorso, almeno per i casi meno urgenti che sarebbero gestibili all’esterno dei presidi ospedalieri. Credo che in questa direzione si dovrebbe fare molto di più».
Pronto soccorso ma non solo, un aiuto dalle nuove tecnologie
E’ evidente che una risposta sanitaria più efficiente ed organica per questo tipo di pazienti può venire solo da uno specifico percorso diagnostico terapeutico e assistenziale al momento della dimissione. «È indispensabile un approccio che preveda la presa in carico del paziente con modalità strutturate, in grado di garantire una successiva gestione ottimale condivisa con la medicina del territorio – ha dichiarato Francesco Pugliese, Direttore del Dipartimento Emergenza dell’Ospedale Pertini di Roma – un approccio che, da un lato, poggi sulla formazione dei pazienti e dei caregiver in fase di accesso al pronto soccorso ma che, dall’altro, si avvalga di un sistema assistenziale multiprofessionale e multidisciplinare, senza alcuna discontinuità. In questo senso, un contributo importante viene dall’innovazione e, in particolare, dalle nuove tecnologie che consentono monitoraggio dei livelli glicemici con sensori e anche in remoto, secondo le logiche di una sempre più efficiente telemedicina».
La Sanità digitale può essere al servizio del paziente diabetico

Sul tema del monitoraggio in remoto dei livelli glicemici resta però ancora molto da fare. Basti pensare che una ricerca condotta di recente dall’Istituto Bhave ha rilevato che questa tecnologia è utilizzata solo dal 50% circa dei pazienti eleggibili, costituita oggi dai pazienti diabetici tipo 1 e tipo 2 in trattamento con terapia insulinica multiniettiva: un dato indice della necessità di formazione che permetta di utilizzare in modo più appropriato queste tecnologie, valutandone l’ampliamento anche a fasce di popolazione più ampie che potrebbero beneficiarne, come ad esempio i pazienti diabetici di tipo 2 in trattamento con insulina basale. Questo permetterebbe di prevenire l’arrivo in pronto soccorso, grazie alla riduzione del rischio di eventi acuti e complicanze croniche, in una popolazione ad alto rischio.
Eppure il paziente diabetico è quello che più di altri si presta a poter trarre beneficio dalla digitalizzazione della Sanità e dall’uso della telemedicina. «Ritengo che la patologia diabetica sia uno degli ambiti sanitari che potrà trarre maggior beneficio dalla progressiva affermazione non solo della sanità digitale – e quindi della telemedicina – ma anche e soprattutto dalle terapie digitali: due voci del futuro prossimo del nostro sistema sanitario sulle quali il nostro intergruppo sta lavorando con impegno per la messa a punto di un quadro normativo che ne possa favorire la rapida affermazione» ha aggiunto l’onorevole Simona Loizzo, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Sanità Digitale e Terapie Digitali.
Le parole d’ordine: continuità di cura e dimissioni protette
«Se è vero, come è vero, che il paziente diabetico è un soggetto complesso che presenta esigenze particolari e che richiede un approccio adeguato e multidisciplinare – ha dichiarato Lina Delle Monache di Federdiabete Lazio – le parole d’ordine per la gestione delle fasi post ospedaliere di questi pazienti non possono che essere due: continuità di cura e dimissione protetta, basata su un network ospedale-territorio». Un appello importante che non può e non deve restare inascoltato.
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