3 maggio 2023
Glioblastoma, una nuova tecnica apre la barriera del cervello

Aggredire con la chemioterapia il glioblastoma, un tumore cerebrale, è difficile perché anche la la chemioterapia più potente non riesce a permeare la barriera emato-encefalica per raggiungere il tumore. La barriera emato-encefalica è una struttura microscopica che protegge il cervello dalla maggior parte dei farmaci in circolazione. Gli scienziati della Northwestern Medicine stanno lavorando ad una nuova tecnica. In uno studio, il primo sull’uomo, hanno utilizzato un nuovo dispositivo a ultrasuoni impiantabile nel cranio per aprire la barriera emato-encefalica e, quindi, permeare ripetutamente ampie regioni critiche del cervello in modo da poter somministrare la chemioterapia iniettata per via endovenosa. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology.
Una tecnica che apre nuove frontiere

Questo è il primo studio a quantificare con successo l’effetto dell’apertura della barriera emato-encefalica mediante ultrasuoni sulle concentrazioni di chemioterapia nel cervello. I risultati hanno dimostrato che l’apertura della barriera emato-encefalica ha portato a un aumento di circa quattro-sei volte delle concentrazioni di farmaci nel cervello.
Bastano 4 minuti e il paziente resta sveglio
La procedura di quattro minuti per aprire la barriera emato-encefalica viene eseguita con il paziente sveglio, che torna a casa dopo poche ore. I risultati dimostrano che il trattamento è sicuro e ben tollerato, con alcuni pazienti che hanno ricevuto fino a sei cicli di trattamento.
Entro un’ora la barriera si ripristina
Inoltre, questo è il primo studio che descrive la velocità con cui la barriera emato-encefalica si chiude dopo la sonicazione. Gli scienziati hanno scoperto che la maggior parte del ripristino della barriera emato-encefalica avviene nei primi 30-60 minuti dopo la sonicazione. Questi risultati permetteranno di ottimizzare la sequenza di somministrazione del farmaco e di attivazione degli ultrasuoni per massimizzare la penetrazione del farmaco nel cervello.
«Questo è potenzialmente un grande passo avanti per i pazienti affetti da glioblastoma», ha dichiarato il ricercatore principale Adam Sonabend, professore associato di chirurgia neurologica presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e neurochirurgo della Northwestern Medicine.
Foto: Unsplash