20 ottobre 2023
Gli ortopedici raccolgono la sfida di una Sanità che cambia

La professione degli ortopedici raccoglie la sfida di una Società che cambia e punta sui giovani, sulle donne e sull’alto valore della Scuola italiana che non ha nulla da invidiare ai colleghi internazionali. All’indomani della chiusura del 106° Congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (presieduta da Alberto Momoli) che si è appena concluso a Roma facciamo il punto su come sta cambiando la figura dell’ortopedico con il segretario SIOT Simone Ripanti.
Partiamo dalla fine e cioè dal paziente: come è cambiato in questi anni e qual è la richiesta di salute che rivolge all’Ortopedico?
E’ un paziente informato ma tra quelli meno influenzabili dalla rete. E questo proprio per i bisogni che ha. Perché da una parte abbiamo il traumatizzato, colui che arriva al pronto soccorso o comunque dal medico per un bisogno urgente e quindi si fida e si affida alle cure dell’ortopedico. Spesso in urgenza e quindi con poche altre possibilità. C’è poi il paziente che ha una patologia cronica, che si è spesso informato – o disinformato – con Doctor Google e quindi è più tentato di seguire le sirene di chi promette miracoli. Ma è anche disposto ad ascoltare e ad essere ‘educato’ e consigliato. In ogni caso, soprattutto con le persone più avanti con gli anni, c’è voglia di autonomia, di una qualità di vita attiva e, spesso, anche sportiva. Non troviamo più l’anziano disposto a stare fermo e ad arrendersi agli acchiacchi dell’età. Non tutti chi chiedono di tornare a giocare a tennis dopo gli 80 anni ma nessuno, giustamente, vuole smettere di essere autonomo.
A questo paziente così esigente come risponde l’Ortopedia italiana?

Con un’alta specializzazione e con un livello che non ha nulla da invidiare ai colleghi stranieri. Lo diciamo spesso ai nostri pazienti. E, mi permetta, anche con un certo orgoglio. E il successo del recente Congresso SIOT ne è la conferma. Ma la professione ortopedica in Italia si trova ad affrontare alcune sfide, tra cui la crescente domanda di servizi, la necessità di mantenere competenze aggiornate e la gestione delle risorse sanitarie. Tuttavia, queste sfide offrono anche opportunità per innovare e migliorare l’efficienza della pratica ortopedica.
Dalla pandemia in poi è indubbio che il Sistema Sanitario Nazionale soffre un momento difficile. Cosa state facendo in tal senso? Soffre anche l’ortopedia la crescente fuga di cervelli all’estero, soprattutto dei più giovani?

La pandemia ha svelato che ‘Il Re è nudo” ma la situazione era critica sin da prima. Eppure non dobbiamo dimenticare mai che il Sistema Sanitario Nazionale italiano universalistico è da considerare davvero un fiore all’occhiello del nostro Paese. Ma è altrettanto sotto gli occhi di tutti che va riconsiderato e ridisegnato proprio per proteggerlo. Non possiamo negare che nei giovani – ma non solo – ci sia una scarsa attrazione verso il SSN. Nel campo dell’ortopedia soffriamo di meno questo fenomeno ma non possiamo ignorarlo. E per questo una delle mission della SIOT è proprio quella di avvicinare i giovani ortopedici alla professione e alla Società Scientifica. Perché un passaggio di testimone tra generazioni è importante: per la SIOT, per il SSN e per gli stessi pazienti. Il futuro della medicina è intrinsecamente legato alla capacità di attrarre e coltivare giovani talenti. E pensiamo di essere sulla strada giusta vista la grande presenza dei giovani al Congresso ai quali è stata rivolta una grande attenzione.
Chi, come la SIOT, vuole disegnare la medicina del futuro – ma forse sarebbe meglio dire del presente – non può non passare attraverso la parità di genere. Perché non solo rappresenta un passo verso una società più giusta ed equa, ma anche un elemento chiave per il progresso e la qualità delle cure mediche.
La SIOT crede fortemente nella necessità di favorire la parità di genere. E al Congresso ne abbiamo fatto un focus dedicato. Perché è giusto. Perché è necessario. Quando un medico indossa un camice non deve esserci alcuna discriminazione se non quella del talento, della passione, dell’impegno.
Impossibile parlare di futuro senza parlare di intelligenza artificiale. L’ortopedia con l’avvento della robotica è stata una delle prime ad aprirsi alla tecnologia in sala operatoria. E’ un’altra sfida che siete chiamati a raccogliere?

Al momento no, in futuro mai dire mai. L’intelligenza artificiale attualmente è di grande aiuto, ad esempio, nella diagnostica ma in ortopedia nella grande maggioranza dei casi la diagnosi è affidata ad una lastra o ad una risonanza. E anche la robotica non prescinde mai dalla mano del chirurgo ortopedico. E qui torniamo al passaggio di testimone tra generazioni. Le nuove tecnologie non possono e non devono essere una scorciatoia per i giovani ortopedici, perché serve una grande esperienza, una grande competenza per poterle usare al meglio. E credo che sia proprio grazie all’incontro tra l’esperienza e dalla scuola dei più grandi e l’entusiasmo e la mentalità 2.0 dei più giovani che l’ortopedia italiana potrà fare grandi cose. La SIOT ci crede, abbiamo raccolto la sfida e faremo la nostra parte per i pazienti, per il SSN e per una professione che evolve e che non smette di appassionarci.
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