14 settembre 2023
Dolore cronico, il diritto di chiedere aiuto

Dolore cronico, per molti italiani uno scomodo compagno di vita. Con il quale è davvero difficile, se non impossibile, riuscire a convivere. Addirittura, nel nostro Paese, una legge sancisce che le persone hanno il diritto a trattare il dolore cronico e la Sanità, il dovere, di aiutarli. Ma i farmaci oppiacei sono ancora poco conosciuti e per lo più fanno paura. E’ un problema culturale, sicuramente, legato anche a quel rischio di dipendenza e abuso che si registra negli Stati Uniti e che tante, troppe volte, diventa protagonista di film e serie tv.

In occasione dell’apertura del Congresso Nazionale di FederDolore-SICD (Società Italiana dei clinici del Dolore in corso a Bologna fino 15 settembre), ne ha parlato Giuliano De Carolis, Past President di FederDolore SICD che ha scattato una fotografia della situazione italiana. Ma soprattutto ha spiegato come sia possibile superare alcune criticità legate proprio al dolore cronico.
Anche in Italia corriamo il rischio di trovarci come negli Stati Uniti dove la dipendenza da oppiacei è davvero un problema sanitario e sociale importante?
Nel nostro Paese non esiste il problema della dipendenza da oppiacei. Alla fine degli anni ’90 negli Stati Uniti c’è stato un uso sregolato – e talvolta illecito – dell’ossicodone prescritto con estrema facilità dai medici americani. Si è stimato che, negli Stati Uniti, i decessi siano stati circa 300 mila negli ultimi 20 anni. Attualmente anche il governo americano è corso ai ripari ed è riuscito a frenare l’abuso di ossicodone. In Italia la situazione è completamente differente. Anzi, all’opposto il corretto uso di farmaci oppiacei per il trattamento del dolore cronico non sembra adeguatamente diffuso. Basti considerare che sono 14 milioni gli italiani che soffrono di dolore cronico e che di questi, circa 4 milioni, soffrono di un dolore non adeguatamente trattato. Sono dati importanti che devono far riflettere.
In Italia si parla abbastanza della lotta al dolore cronico? C’è la giusta consapevolezza?

Direi di no. Eppure nel nostro Paese il diritto al trattamento del dolore cronico è addirittura sancito dalla legge (la n.38 del 2010). Tuttavia, a distanza di 13 anni dalla sua approvazione, non c’è ancora una completa attuazione e un pieno riconoscimento su tutto il Territorio nazionale. Un’indagine recente condotta da Cittadinanzattiva ha rilevato che 7 italiani su 10 ignorano l’esistenza di questa legge e, di conseguenza, tutti i diritti che sancisce. A questo si aggiunge che il 40% degli intervistati non sa che i farmaci oppiacei sono sicuri ed altamente efficaci nel dolore cronico.
Sembra esserci, quindi, un problema anche culturale e di conoscenza. Cosa si può, e si dovrebbe, fare?
Innanzitutto promuovere campagne di informazione sulla Legge 38, rivolte agli operatori sanitari e ai cittadini. E’ importante che le persone sappiano che possono e devono chiedere aiuto. Spesso, invece, non lo fanno. Un’indagine (Survey Dimensione Sollievo) ha rilevato che oltre il 55% degli intervistati non si è rivolto a centri specializzati per la terapia del dolore, per una presa in carico del problema, pur conoscendone l’esistenza. Inoltre, il 41% dei pazienti ha rivelato di soffrire di dolore cronico da più di 10 anni e di questi il 29% ha dovuto attendere più di 5 anni per una diagnosi definitiva. C’è molto da fare, su più piani e coinvolgendo diversi attori. Perché i ritardi nella presa in carico comportano gravi ripercussioni sulla qualità di vita dei pazienti e delle famiglie. Non si può e non si deve perdere tempo.
Foto: Pexels e Unsplash