14 Marzo 2023
I cani di Chernobyl, come sopravvivere all’esposizione alle radiazioni e minacce ambientali

Sono passati 37 anni da quello che resta ancora oggi il più grave incidente nucleare della storia. Ma Chernobyl continua a fare paura. Uno studio, pubblicato su Canine Medicine and Genetics, ha cercato di capire, studiando i cani di Chernobyl, come è stato possibile adattarsi ad eventi catastrofici come la costante esposizione alle radiazioni, metalli pesanti o sostanze chimiche tossiche. I ricercatori hanno suddiviso i cani randagi tra quelli che vivono all’interno della Zona di Esclusione, un’area di 30 km, ancora oggi accessibile solo agli esperti e a 16,5 km nella città di Chernobyl. E le differenze genetiche rilevate sono state significative. E la colpa non è solo delle radiazioni.
Quando finiranno le radiazioni a Chernobyl?

Sebbene la causa diretta della catastrofe sia stata una massiccia esplosione di vapore che ha rilasciato enormi quantità di radiazioni ionizzanti nell’aria, nell’acqua e nel suolo, l’esposizione alle radiazioni non è l’unico rischio ambientale causato dalla tragedia. Le sostanze chimiche, i metalli tossici, i pesticidi e i composti organici lasciati durante le operazioni di bonifica, che hanno richiesto molti anni, insieme alle strutture abbandonate e in decomposizione, come la vicina città di Pripyat e la segreta base militare Duga, contribuiscono pesantemente al disastro ecologico e ambientale.
Cosa possono causare le radiazioni di Chernobyl?
In questo studio, parallelo ad una precedente ricerca, l’équipe ha analizzato i campioni di DNA dei cani con un numero di varianti genetiche quattro volte superiore, confermando che le due popolazioni di cani esaminate sono effettivamente distinte dal punto di vista genetico.
Ma perché ci sono differenze genetiche così eclatanti? La risposta si deve cercare nella deriva genetica o anche nei fattori unici di rischio ambientale di ogni luogo?
«E’ importante riuscire a capire se i cambiamenti genetici, che abbiamo rilevato in questi cani, sono o meno la risposta del genoma canino alle esposizioni alle radiazioni e ai disastri ambientali che hanno affrontato. Questo ci aiuterebbe moltissimo a comprendere come queste piccole popolazioni di cani in libertà sono riuscite a sopravvivere in un ambiente altamente tossico. E sarebbe prezioso per valutare meglio cosa potrebbe significare per animali o umani subire simili esposizioni. Ma abbiamo ancora molto lavoro da fare» afferma Megan Dillion, autrice principale dello studio.
«Con la nostra ricerca abbiamo compiuto i primi passi verso la comprensione di come l’esposizione alle radiazioni e a diversi rischi ambientali possa aver influito sui cani ‘di Chernobyl’ rendendoli candidati ideali per studi futuri» ha concluso Norman J. Kleiman co-autore dello studio a cui hanno partecipato i ricercatori della North Carolina State, della Columbia University Mailman School of Public Health, dell’Università della Carolina del Sud e del National Institutes of Health.
Foto: Unsplash