1 marzo 2023
Siamo tutti diversi. I corpi non sono tutti uguali

Lucia adora la matematica, Francesco studia filosofia, Anna è brava a disegnare, non come sua sorella che a malapena tiene una matita in mano. E poi c’è Lucia che cucina meglio di uno chef, Paolo che ignora come si cuoce un uovo ma aggiusta i motori ‘ad orecchio’. E’ il bello di essere tutti diversi, ad ognuno il proprio talento e ad ognuno il proprio difetto.
Bodyshaming, l’odio corre in rete
Sono i colori della vita che rendono il viaggio ‘in compagnia’ così interessante. Almeno fino a quando non diventiamo il soggetto di un post social. Perché puoi essere alto, basso, liscio, simpatico o antipatico, lunatico o uno zuccherino non importa: tutto (o quasi) ti viene perdonato in nome della tua ‘unicità’. Tutto. Tranne essere grasso. Anzi, grassa. Perché i chili di troppo nell’odio in rete – e nella Società in generale- conoscono la differenza di genere in quanto a crudeltà. E il bodyshaming dilaga.
I corpi non sono tutti uguali, uno slogan da scolpire a lettere maiuscole

« Ognuno rivendica la bellezza di essere diverso, unico, speciale. Ma quando si tratta di ‘corpi’ dobbiamo essere tutti uguali. E, invece, non è così. E prima lo accettiamo prima le cose andranno meglio. “I CORPI NON SONO TUTTI UGUALI”, andrebbe scritto a lettere maiuscole in ogni angolo di strada, in ogni classe, in ogni vetrina. In ogni post social. Ci sono persone obese che restano obese, per molti anni o per sempre. Perché non riescono a dimagrire nonostante siano consapevoli che questo è un serio problema per la loro salute e che l’obesità è una malattia. Lo sanno. Ma non riescono. E non si può continuare a condannarle, a stigmatizzarle, a puntare loro il dito contro per sempre» dice Raffaela Vanzetta, psicoterapeuta, Coordinatrice del Centro di Prevenzione disturbi alimentari di Bolzano.
“Il sovrappeso non è una colpa” dovrebbe diventare il nuovo mantra, accompagnato da “il normopeso non è una medaglia da sfoggiare sul petto”. Perché come ogni persona che combatte con la bilancia sa bene, spesso le critiche vanno oltre all’aspetto fisico. E riguardano la sfera personale. L’obeso è pigro, goloso, sciatto, persino poco intelligente. «Spesso le persone in sovrappeso – aggiunge Raffaela Vanzetta – ci dicono di sentirsi inferiori agli altri e di sentire nettamente il senso di superiorità che le persone normopeso hanno nei loro confronti».
«E’ anche su questo che dobbiamo lavorare dal punto di vista culturale. Perché se un amico si rompe una gamba quando va a sciare io non gliene faccio una colpa. Ha corso un rischio e ha avuto un problema. Non lo colpevolizzo, non gli dico ‘potevi non andare a sciare o potevi andare più piano’. O se una persona cara ha un infarto non gli dico tutto il tempo che è colpa sua perché è stato sedentario, ha fumato o non si è misurato la pressione».
Con gli obesi tutti si sentono nel giusto a criticare

«Invece, con gli obesi – aggiunge Raffaela Vanzetta – tutti si sentono nel giusto a criticare, condannare e magari dare un consiglio tipo ‘devi metterti a dieta’, ‘fai più sport’, ‘cerca di dimagrire’. Come se fosse facile e non lo sapessero da soli. E, nel dirlo c’è sottintesa la critica sul fatto che non fanno nulla. Non si dimagrisce con la bacchetta magica, serve tempo, servono aiuti mirati, servono strategie terapeutiche diverse. E nel frattempo? Vogliamo che la persona obesa continui a stare male, a sentirsi sbagliata, stigmatizzata e colpevolizzata? E nel caso in cui decidesse di non dimagrire si continua a criticarla e guardarla con biasimo per sempre? Un fumatore sa che la sigaretta fa male e, se non smette, nessuno dice niente. E allora anche un obeso ha il diritto di scegliere per se stesso senza sempre doversi giustificare agli occhi degli altri o a difendersi dalle critiche».
Gli obesi non sono persone da nascondere
La pubblicità, i siti di ecommerce, i manichini nei negozi sembrano negli ultimi tempi essersi accorti delle persone obese. Si sono accorti che siamo tutti diversi. E’ tutto un proliferare di modelle più che curvy e allora viene da chiedersi se la bodypositivity non si un boomerang, non c’è il rischio di sdoganare il messaggio che l’obesità non è una malattia? « L’obesità è una malattia. E anche seria. Ma gli obesi non sono persone da nascondere, da ignorare. E allora ben vengano le pubblicità con le modelle curvy accanto a quelle normopeso perché veicola il messaggio ‘non siamo tutti uguali’».
«E’ come mettere spalla a spalla persone di diverse etnie, con colori della pelle e tratti somatici differenti, o donne di diverse generazioni. Non siamo tutti uguali. I corpi non sono tutti uguali. Abituiamoci a vederli, abituiamoci a normalizzare non l’obesità o la magrezza, ma la varietà del corpo perché così va a diminuire il giudizio» spiega Raffaela Vanzetta.
Discriminazione e odio: dalla rete alla vita di tutti i giorni
Che gli obesi siano discriminati è un dato di fatto. Quando si richiede ‘bella presenza’ è quasi inutile presentare il curriculum. E se uno sopravvive indenne alle cattiverie subìte a scuola non può comunque dormire sonni tranquilli se usa i social. Che ormai sono come un’enorme classe popolata da adolescenti, odiatori professionisti e bulli che traggono coraggio dall’anonimato e anche dal ‘gruppo’. Gli attacchi social contro le persone in sovrappeso sono all’ordine del giorno e spesso si tratta di parole misogine e sprezzanti. Parole che feriscono.
C’è uno studio condotto qualche anno fa dall’Università del Texas che ha analizzato i commenti su YouTube a due video diventati virali “Fat Girl Tinder Date” e “Fat Guy Tinder” Date. La prima constatazione è stata che il numero dei commenti offensivi erano il doppio di quelli che prendevano le difese delle persone obese. I maschi attaccavano soprattutto le donne e con più parolacce di quelle che usavano verso gli uomini. Dati che fanno riflettere e che sono sotto gli occhi di tutti nella pratica quotidiana. Viene, allora, da chiedersi se non convenga stare alla larga dai social.
I social ci offrono modelli che non sono la normalità
«I social sono i luoghi dove viene normalizzata la realtà. Ci si passa molto tempo, è la realtà a portata di tasca. Perché basta avere un secondo a disposizione ed ecco che compare il cellulare in mano. Da Instagram a TikTok a Facebook è un dilagare di immagini che, inevitabilmente, finiscono per condizionare il nostro cervello e farci credere che quella sia la normalità. Così se in continuazione mi arrivano video o foto di persone bellissime, magrissime, allenate, super alla moda ecc è inevitabile che quella diventi la normalità con la quale mi confronto e faccio i conti. E perdo, perché mi sento sbagliato perché non raggiungo quello standard».

«Mi è capitato, durante delle conferenze, di far vedere alle persone un’immagine di una ragazza molto magra in costume da bagno. In genere tutti la trovano non solo oggettivamente bella ma anche normopeso. Invece, con il mio sguardo clinico, posso dire che quella ragazza è sottopeso. E’ tutt’altro che un parametro di riferimento per la ‘normalità’. Ma non è così che viene percepita. Perché è quello che i social mi fanno vedere, è quello che la rete mi convince a credere essere “normale”. Nonostante la maggior parte degli uomini e delle donne sia lontano da quel modello. Non dimentichiamo che i post con persone bellissime sono ‘acchiappa click’ così come quelli dove si incita al bodyshaming. Gli algoritmi lo sanno e per questo ci fanno vedere solo un certo tipo di immagini in continuazione. Non perché quella sia la realtà ma perché quella è la realtà che ci vogliono somministrare e che fa crescere i loro guadagni» continua Raffaela Vanzetta.
II nostro corpo è come un amico: non ci piace tutto ma gli vogliamo bene
Fortunatamente i tentativi per condannare il bodyshaming o i cattivi modelli ci sono. Così come la voglia, soprattutto delle donne, di rivendicare la libertà di poter essere come si è. E’ il caso di Vanessa Incontrada che rivendica un corpo più morbido con una copertina su una rivista (dopo essere stata al centro di attacchi a dir poco feroci e crudeli sui social) o di Chiara Ferragni che dal palco di Sanremo afferma la libertà di mostrare il corpo con un abito che fa della nudità un messaggio. «Ben venga ogni tentativo per sdoganare il messaggio che i corpi non vanno nascosti, che non ci si deve vergognare e soprattutto che non sono tutti uguali» aggiunge Raffaela Vanzetta.
I CORPI NON SONO TUTTI UGUALI, a lettere maiuscole. Accettiamoci così come siamo. Con i pregi e i difetti, con i chili di troppo e le rughe, con il doppio mento o la cellulite. E, magari, vogliamoci anche un po’ di bene. L’uno con l’altro ma soprattutto verso noi stessi. «E finiamola con il dire che tutti si devono piacere per forza. Il tuo corpo può anche non piacerti ma non per questo non ti devi accettare. Con il proprio corpo bisogna farci amicizia, volergli bene e prendersene cura. Come faresti con un amico. Perché, ammettiamolo, ad un amico gli perdoniamo anche i difetti e non per questo ci piace di meno» conclude Raffaela Vanzetta.
Lavostrasalute.it dedica un intero dossier al tema dell’obesità.
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