Valeria Corazza, la bambina che ha imparato a volare lontano

14 novembre 2023

Valeria Corazza, la bambina che ha imparato a volare lontano

Non ha paura di volare Valeria Corazza. E neanche di guidare veloce. Due brevetti lo dimostrano. Ma è la vita che le ha insegnato a spiccare il volo. Lo ha dovuto imparare sulla sua pelle. E non è un gioco di parole. Capace, come solo le donne sanno fare, di trasformare una malattia come la psoriasi in una opportunità di crescita. Prima personale e poi al servizio della collettività quando ha deciso di fondare l’Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza, Apiafco.

Perché nasce Apiafco?

Mio padre, che ho perso troppo presto, era un imprenditore e mi diceva sempre che ogni cosa la vita ti dona devi imparare a renderla. Ho aspettato di essere pronta per condividere con gli altri il mio impegno e il mio sostegno. Forse avrei dovuto farlo molto prima. Ma l’azienda di famiglia mi ha assorbito tanto e quando ho deciso di smettere non è stato facile ‘reinventarmi’. Scendere dal podio. Ma non è solo questo. Per me condividere è importante. Farlo molto bene un dovere assoluto. I miei genitori mi hanno dato tanto. Ho avuto le chiavi di casa da molto piccola. Per quei tempi un concetto di vita rivoluzionario. È grazie a loro che ho imparato ad ‘aprire’ la porta alla vita ma anche alla malattia. Per questo ho fortemente voluto l’Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza. Ho messo in campo tutte le mie abilità manageriali. Il mio entusiasmo. E, non ultimo, la mia storia. Soffro di psoriasi sin da piccola.

Cosa ha significato avere la psoriasi in anni in cui la malattia era poco conosciuta?

La malattia si è manifestata a undici anni. E non è stata una sorpresa per i miei genitori perché anche mio padre era psoriasico. Sono stata, nel ricevere una diagnosi precoce, una bambina fortunata. Il medico, peraltro non uno specialista, ha subito riconosciuto i segni della psoriasi. La conoscenza della malattia allora come oggi è fondamentale. Gli anni della mia infanzia sono stati difficili in termini di cure perché c’era molto poco a disposizione. E, quindi, con i miei abbiamo letteralmente girato l’Italia, e non solo, per trovare qualcosa di diverso dalle creme al catrame. Le uniche su cui si poteva contare. Ho trascorso tanto tempo in ospedale, avrei potuto scrivere la Guida Michelin dei miei ricoveri, perché era l’unico modo per gestire le cure. Poterlo fare in casa era davvero impensabile.

Quanto la malattia ha influito sul suo carattere?

La bambina di ieri è la donna che si vede oggi. Iperattiva, indipendente, efficiente, positiva. Ma soprattutto responsabile. È una parola che mi ha insegnato la malattia. Insieme alla consapevolezza. Ho dovuto imparare molto presto che l’aderenza alle terapie è importante. Un aspetto sempre di grande attualità. Mio padre aveva lunghi periodi senza manifestazioni evidenti. A me non è successo. Anche se, fino ai miei venti anni, sono riuscita a mantenere la malattia sotto controllo e prendere il sole mi aiutava molto. Un giorno, non ho idea del perché sia successo, la psoriasi è esplosa nella forma più rara e grave, quella eritrodermica. Ne soffre solo l’1 per cento della popolazione italiana. L’unica volta nella mia vita che non avrei proprio voluto essere sul podio.

Il segreto del successo di Apiafco

Siamo una Associazione davvero molto giovane, esistiamo solo da pochi anni. Eppure abbiamo fatto tanta strada. Uno dei segreti è quello di circondarsi di persone valide. Fare da soli è un grande sbaglio. In Apiafco lavorano persone, giovani, dinamiche e molto competenti. Unite da un obiettivo comune: crescere e soprattutto fare la differenza. Stiamo diventando il riferimento delle Istituzioni, del Pubblico e soprattutto dei Pazienti. Desidero tanto salire ai vertici del podio tutti insieme. Perché solo uniti si vince. Intanto ci sono le mille battaglie. A cominciare dal riuscire a far capire l’importanza di includere tutte le forme gravi di psoriasi nel Piano Nazionale di Cronicità. Per ora ci sono soltanto le due forme rare e l’artrite psoriasica a poter contare sull’esenzione dei LEA.

Psoriasi, una vera e propria Cenerentola

È proprio così. E non vedo Fate Madrine all’orizzonte. Faccio parlare i numeri: almeno il 33 per cento dei pazienti soffrono di una comorbilità e il 19 per cento ne hanno due. Nel Piano Nazionale di Cronicità ci sono le nostre ‘cugine’ come le malattie reumatiche; gli scompensi cardiaci e la sindrome metabolica. La psoriasi non c’è. Eppure abbiamo pari diritti. Siamo altrettanto malati. Soffriamo allo stesso modo. Non mi spiego perché non è possibile estendere a tutte le forme gravi, senza discriminanti, l’esenzione al ticket e l’accesso alle terapie innovative ad iniziare dai famaci biologici. Sempre se ci riesci perché, francamente, non è cosi facile. Non possiamo aspettare altri sette anni all’apertura del nuovo Piano Nazionale di Cronicità, spero di vedere il risultato di queste estenuanti lotte ora. Sono tiepidamente fiduciosa e la strada da fare è ancora lunga. Non si tratta solo di un equo e doveroso accesso alle cure e una migliore presa in carico dei pazienti. È riconoscere alla patologia la sua vera identità e frantumare la barriera del pregiudizio.

Quanta importanza ha la forza che viene dai pazienti?

È enorme. E le iniziative che abbiamo messo in campo in occasione della Giornata Mondiale lo hanno dimostrato. La patient advocacy non è solo un dialogo con il mondo clinico, istituzionale e politico. È ancora una volta responsabilizzazione, consapevolezza ma soprattutto condivisione. Stare fisicamente insieme per discutere serenamente e informarsi seriamente è importante. Guardare in viso una persona che ti invita a non avere paura delle contro indicazioni di un farmaco biologico è un valore aggiunto insostituibile e prezioso. A nessuno piace sentirsi soli in momenti difficili. E se si è di fronte ad una malattia questa esigenza si amplifica. Per questo siamo sempre disponibili all’ascolto. Nella nostra Associazione i pazienti possono accedere, in maniera gratuita, alla possibilità di usufruire di attività di supporto psicologico, legale e di consulti dermatologici telefonici.

E quanto conta la forza di Valeria Corazza?

L’ingiustizia sociale è la spinta che mi ha portato a fondare Apiafco. Mi stupisce ancora che sia un sentimento ancora poco condiviso. Molto di ciò che i cittadini hanno, per esempio la libertà, è frutto di battaglie che altri hanno combattuto per noi. Per questo non comprendo la passività di molti cittadini che aspettano pigramente che altri facciano ciò che potrebbero fare da soli. Unire le forze per diventare una pressione sociale capace di generare un vero cambiamento. Oggi possiamo contare su un ventaglio di cure efficaci eppure tanti pazienti non possono accedervi. E ai problemi psicologici e alla comorbilità si unisce una rabbia sorda che ti fa vivere male anche i momenti in cui stai bene. Accedere alle cure è un diritto che dovrebbe prescindere dalla Regione in cui risiedi e dal medico che ti ha in cura. Le Associazioni stanno lavorando affinché avvenga un passaggio diretto tra il medico di Medicina Generale e lo specialista. Senza rimandare il paziente al CUP e al baratro delle liste di attesa. C’è tanto da fare.

E poi c’è la forza del tempo.

Sono passati più di cinquanta anni dalla mia diagnosi. Io ho subito la mia malattia ma sono stata fortunata perché da bambina non sono stata bullizzata. Le mie compagne di classe mi sono state vicine. Oggi come ieri c’è tanto pregiudizio per qualunque cosa sia diversa dal normale. Ma non siamo noi ad aver scelto di essere ‘diversi’. La malattia è arrivata nella nostra vita come un tornado. Credo nel valore di tante campagne ma a volte vorrei salire su un aereo e lanciare nel vento milioni di foto agghiaccianti e sconvolgenti di chi soffre di psoriasi e non ha avuto accesso a una diagnosi precoce e a una corretta terapia. Così tante persone smetteranno di voltare la testa e far finta di non sapere. La psoriasi non è un problema di cosmesi. Informare e informarsi per vincere lo stigma. E allora invito i pazienti più giovani a volare sopra ogni pregiudizio. A condividere la malattia. Con l’amico più caro, il compagno di scuola, gli insegnanti. Abbiamo la psoriasi ma non siamo contagiosi. Mi rendo conto che non è facile. Non lo è stato neanche per me. Cosa si vince? Il privilegio di condividere ABBRACCIATI il podio.

Foto: Ringraziamo Valeria Corazza per aver condiviso con noi il suo album fotografico dei ricordi